Potrebbe qualificarsi professionale una malattia contratta dal lavoratore subordinato in lavoro agile / smart working nel luogo prescelto per l’esecuzione della prestazione lavorativa al di fuori dei locali aziendali?

Con riguardo all’INAIL la normativa emergenziale ha risposto affermativamente per l’ipotesi della contrazione del Coronavirus, da un lato sul presupposto implicito dell’assimilabilità della malattia cagionata da un virus a un infortunio sul lavoro, dall’altro limitando il riconoscimento espresso della malattia professionale al periodo di inabilità temporanea, senza chiarire la persistenza di tale qualificazione e così della competenza dell’INAIL qualora residui un’invalidità permanente pari o superiore al 6%. In linea di principio pare ragionevole ipotizzare che, sussistendo i presupposti di fatto e medico legali, possa sostenersi la competenza dell’INAIL anche per l’invalidità permanente, restando da approfondire la questione anche in relazione a quelli che potranno essere i futuri interventi della giurisprudenza in materia.
Pare più problematico, invece, ipotizzare una responsabilità diretta del datore di lavoro, ciò dipendendo dalla verifica sia degli agenti di rischio ai quali sia stato esposto il lavoratore al di fuori dei locali aziendali, sia della loro riconducibilità al datore di lavoro.

Massimo Pasino

Avvocato dal 1996

Iscritto all’Ordine degli Avvocati di Trieste, matricola n. 372. Patrocinante in Corte di Cassazione e altre Giurisdizioni Superiori. Socio AGI, Avvocati Giuslavoristi Italiani.